Elia Fiorenza da CalabriaOra - Domenica 28 settembre 2008
Cosma e Damiano i santi che vegliano sui viaggiatori
Il 26 e 27 del mese di settembre ricorre, come ogni anno, la solenne celebrazione dei santi medici Cosma e Damiano. Giorni in cui la devozione popolare diviene forza evocativa e momento di religiosità pura, dove ad un’interrotta preghiera di supplica si congiungono atti spirituali votivi che rivelano quanto l’essere umano è provato dalla sofferenza, ma anche sorretto dalla fede e dalla sete di un Dio misericordioso. Gesti e segni che qui generano domande sull’esistenza, sull’umanità alla ricerca di un senso. Lo sguardo si posa sui piedi scalzi dei pellegrini che arrivano al santuario dedicato ai Santi Medici: piedi consumati, contusi che dipingono nella realtà il viaggio della vita.
E poi i canti, le invocazioni, le lodi, le testimonianze appaiono dense di significato, di un tempo che sfugge ad ogni distanza per favorire l’animo alle promesse di una fervida speranza. C’è un passaggio obbligatorio nella vita di ognuno: il momento della condivisione, dell’incontro, della diversità. E qui, per le stradine di Riace che confluiscono presso il santuario, echeggiano i tamburelli, le grida, accanto ai colori accesi che varcano la soglia dell’abitudine per cogliere invece l’essenzialità.
Nei cantucci gremiti, suggestivamente i panneggiamenti scivolano via per dar spazio ai cerchi di condivisione di varie generazioni che manifestano insieme il culto ai Santi Anargiri Cosma e Damiano con suoni e giaculatorie. Come un nastro magnetico e saturo la memoria si ravvolge a strattoni, con arresti istantanei, che coincidono coi momenti più straordinari, decrittati dalla meraviglia provata di fronte ad una folla di persone in cammino, in movimento, in esultanza. E’ la presenza singolare e calorosa degli zingari, rom e sinti, che caratterizza con questa festosità l’atmosfera di Riace in occasione della festa dei santi Medici. I loro costumi, il loro status vivendi così particolare e inconsueto, e quelle loro appassionate piroettate folkloristiche.
La loro danza cattura l’energia in ogni soffio d’aria nell’asimmetria dei loro movimenti, veri svolgimenti di un’armonia afferrata nelle leggi di gravità.
Essi guardano il mondo che li circonda come avessero in mano le chiavi della felicità. Indossano il presente di ogni età, si nascondono dietro i loro sgargianti costumi nei toni della malva, del verde, del rosso e dell’oro ornati di nastri, gioielli e ricami. Questo dichiara concretamente la loro identità.
Un’identità preziosa questa dei rom, che si integra alla rottura della routine, dove convergono solo usi e costumi ormai tutti conformati a perbenismi astiosi. Un’identità che diviene spaccato antropologico, oltre che premessa alla loro cultura sempre originale e fiera, da autentici peregrini per ager: i viandanti che attraversano campi e pericoli pur di raggiungere la meta prefissata.
Nomadi del mondo insomma che si amalgamano agli improvvisi cambiamenti della natura, certi che il sacrificio porta ricompensa. La loro storia racconta emozioni, sfide, avventure e il loro ritrovarsi ogni anno a vivere la festa di questi santi taumaturgici, venerati proprio dagli zingari come loro protettori e patroni, rappresenta una possibilità di confronto che ricorda quanto sia multicolore la terra e quanto siano diversi tra loro gli uomini che la abitano.
Cosma e Damiano i santi che vegliano sui viaggiatori
Il 26 e 27 del mese di settembre ricorre, come ogni anno, la solenne celebrazione dei santi medici Cosma e Damiano. Giorni in cui la devozione popolare diviene forza evocativa e momento di religiosità pura, dove ad un’interrotta preghiera di supplica si congiungono atti spirituali votivi che rivelano quanto l’essere umano è provato dalla sofferenza, ma anche sorretto dalla fede e dalla sete di un Dio misericordioso. Gesti e segni che qui generano domande sull’esistenza, sull’umanità alla ricerca di un senso. Lo sguardo si posa sui piedi scalzi dei pellegrini che arrivano al santuario dedicato ai Santi Medici: piedi consumati, contusi che dipingono nella realtà il viaggio della vita.
E poi i canti, le invocazioni, le lodi, le testimonianze appaiono dense di significato, di un tempo che sfugge ad ogni distanza per favorire l’animo alle promesse di una fervida speranza. C’è un passaggio obbligatorio nella vita di ognuno: il momento della condivisione, dell’incontro, della diversità. E qui, per le stradine di Riace che confluiscono presso il santuario, echeggiano i tamburelli, le grida, accanto ai colori accesi che varcano la soglia dell’abitudine per cogliere invece l’essenzialità.
Nei cantucci gremiti, suggestivamente i panneggiamenti scivolano via per dar spazio ai cerchi di condivisione di varie generazioni che manifestano insieme il culto ai Santi Anargiri Cosma e Damiano con suoni e giaculatorie. Come un nastro magnetico e saturo la memoria si ravvolge a strattoni, con arresti istantanei, che coincidono coi momenti più straordinari, decrittati dalla meraviglia provata di fronte ad una folla di persone in cammino, in movimento, in esultanza. E’ la presenza singolare e calorosa degli zingari, rom e sinti, che caratterizza con questa festosità l’atmosfera di Riace in occasione della festa dei santi Medici. I loro costumi, il loro status vivendi così particolare e inconsueto, e quelle loro appassionate piroettate folkloristiche.
La loro danza cattura l’energia in ogni soffio d’aria nell’asimmetria dei loro movimenti, veri svolgimenti di un’armonia afferrata nelle leggi di gravità.
Essi guardano il mondo che li circonda come avessero in mano le chiavi della felicità. Indossano il presente di ogni età, si nascondono dietro i loro sgargianti costumi nei toni della malva, del verde, del rosso e dell’oro ornati di nastri, gioielli e ricami. Questo dichiara concretamente la loro identità.
Un’identità preziosa questa dei rom, che si integra alla rottura della routine, dove convergono solo usi e costumi ormai tutti conformati a perbenismi astiosi. Un’identità che diviene spaccato antropologico, oltre che premessa alla loro cultura sempre originale e fiera, da autentici peregrini per ager: i viandanti che attraversano campi e pericoli pur di raggiungere la meta prefissata.
Nomadi del mondo insomma che si amalgamano agli improvvisi cambiamenti della natura, certi che il sacrificio porta ricompensa. La loro storia racconta emozioni, sfide, avventure e il loro ritrovarsi ogni anno a vivere la festa di questi santi taumaturgici, venerati proprio dagli zingari come loro protettori e patroni, rappresenta una possibilità di confronto che ricorda quanto sia multicolore la terra e quanto siano diversi tra loro gli uomini che la abitano.
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