NON MOLESTERAI IL FORESTIERO NÉ LO OPPRIMERAI,
PERCHÉ VOI SIETE STATI FORESTIERI NEL PAESE D'EGITTO
(Esodo 22,20)

Xenos è in greco lo straniero, l'ospite,
ed a sua volta l'italiano "ospite" indica colui che accoglie e colui che è accolto.
XENODOKÌA è l'accoglienza dell'ospite/straniero.
La Calabria nel corso dei secoli è stata meta di moltissimi popoli, a volte ospiti,
a volta ostili, diversi per tradizioni, lingue e religioni:
greci, latini, arabi, ebrei, normanni, albanesi, spagnoli,
occitanici, slavi, armeni, e altri ancora.
Di quel che rimane di questi flussi e influssi, della loro storia,
della loro cultura e della loro attualità vuole occuparsi questo blog,
senza ignorare le nuove immigrazioni.
Mi occuperò quindi dei popoli di antico insediamento e tuttora presenti:
Arbëreshe, Grecanici, Occitani e Rom, con occasionali incursioni
tra popoli non più presenti (Armeni e Germani) o presenti in modo sporadico (
Ebrei)
o in nuove forme (Arabi e Slavi), o presenti per la prima volta nelle nostre terre
in questi ultimi anni (Cinesi, Curdi, Romeni).

Eventi e appuntamenti

6/18 ottobre, Vaccarizzo (CS), S. Costantino Albanese (PZ), Melpignano (LE), Oristano: Per isole. Culture di minoranze

6/18 ottobre Cosenza, Campobasso, Potenza, Roma: Per isole. Culture di minoranze

31 ottobre Carosino (TA): Gli arbereshe e il Mediterraneo, e del libro "Il Mediterraneo vissuto" di Pierfranco Bruni

lunedì 20 ottobre 2008

Insediamenti valdesi




In questa cartina presento un quadro sintetico delle presenze occitano-valdesi in Calabria, traendone le notizie essenzialmente dal volume di Antonio Perrotta, I valdesi a San Sisto, Guardia, Montalto, San Vincenzo, Vaccarizzo, Argentina e Piano dei Rossi, Pellegrini, Cosenza, 2005.
Traggo invece dal volume di Cesare Colafemmina, Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1996, la segnalazione di due luoghi che si trovano al di fuori della cartina grande.




Sono segnate in rosso le principali località storiche dell'insediamento: Caldopiano, Greco, Guardia Piemontese, Montalto Uffugo, San Sisto dei Valdesi, San Vincenzo La Costa, Santa Maria La Castagna (erano presenti anche in altre frazioni, ma non sono segnate sulla cartina).

In blu sono segnate località di diverso carattere: Argentino (o Argentina), Piano dei Rossi e Vaccarizzo, da cui migrarono dopo il primo insediamento; Cosenza, dove forse vi furono presenze sporadiche, e che è terra valdese grazie al sangue che molti di loro vi versarono; Bisignano, che ebbe qualche sporatica presenza; Fuscaldo, Mottafollone e Tarsia, dove vi risiedettero dopo la conversione forzata.

In viola è segnalata Gesuiti, dove non è sicuro se furono presenti prima della strage dell'Inquisizione del 1561, o se vi furono solo deportati alcuni di loro come "convertiti".
Mi scuso anticipatamente per eventuali errori e omissioni, che cercherò di verificare e correggere al più presto.

mercoledì 8 ottobre 2008

Legge regionale 2003/15 per la tutela delle minoranze

Pubblico il testo della legge emanata dalla Regione Calabria che tutela la lingua e il patrimonio culturale delle nostre minoranze.
Cercherò in seguito di analizzarla, verificandone anche l'attuazione o meno.


LEGGE REGIONALE 30 ottobre 2003, n. 15
Norme per la tutela e la valorizzazione della lingua e del patrimonio culturale delle minoranze linguistiche e storiche di Calabria.

TITOLO I
Riconoscimento delle minoranze linguistiche
storiche della Calabria
Art. 1
Finalità della legge
1. La Regione Calabria riconosce che la protezione e la valorizzazione delle lingue minoritarie contribuiscono alla costruzione di un’Europa fondata sui principi della democrazia e del rispetto delle diversità culturali e, in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e dell’art. 56 dello Statuto regionale lettera «r», con propria Legge regionale, ai sensi degli articoli 2 e 3 della Legge 15 dicembre 1999, n. 482, tutela le parlate della popolazione albanese, grecanica e occitanica di Calabria e promuove la valorizzazione e divulgazione del loro patrimonio linguistico, culturale e materiale.
2. La Regione Calabria adegua la propria legislazione ai principi stabiliti dalla presente legge favorendo l’aggregazione in consorzi intercomunali e costituzione in comuni autonomi di quelle comunità minoritarie presenti nel suo territorio che nella ridefinizione dell’attuale assetto amministrativo individua una condizione di garanzia per la valorizzazione del territorio e il recupero delle sue potenzialità economiche ed ambientali con i propri beni culturali.
3. L’ambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica è quello previsto dal comma 3, art. 1 del D.P.R. del 2 maggio 2001, n. 345 e adottato dai Consigli provinciali in sua attuazione.
Art. 2
Definizione di bene culturale
1. In attuazione della legge 15/12/1999 n. 482, dell’art. 56, lettera «r» dello Statuto regionale e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali costituiscono bene culturale dei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge, la lingua, il patrimonio letterario, storico ed archivistico, il rito religioso, il canto, la musica e la danza popolare, il teatro, le arti figurative e l’arte sacra, le peculiarità urbanistiche, architettoniche e monumentali, gli insediamenti abitativi antichi, le istituzioni educative, formative e religiose storiche, le tradizioni popolari, la cultura materiale, il costume, l’artigianato tipico e artistico, la tipicizzazione dei prodotti agro-alimentari, la gastronomia tipica, e qualsiasi altro aspetto della cultura materiale e sociale.

TITOLO II
Alfabetizzazione, insegnamento e ordinamento scolastico, formazione
Art. 3
Insegnamento bilingue
1. I criteri generali per l’attuazione dell’art. 4 della legge 482 sono indicati dal Ministero della pubblica istruzione con propri decreti.
2. La Regione Calabria li adotta e si adopera affinche´ nelle scuole di ogni ordine e grado nei Comuni di cui all’art. 1 della presente legge venga istituito l’insegnamento bilingue nell’ambito delle attività didattiche e formative e in ossequio alle leggi nazionali sull’istruzione.
Art. 4
Interventi a favore di attività didattiche complementari
1. La Regione sostiene e finanzia progetti di alfabetizzazione e di studio delle lingue albanese, greca ed occitanica nelle scuole materne, elementari e medie anche in quei Comuni ove siano presenti consistenti gruppi di popolazioni alloglotte. Ove non fosse possibile inserire lo studio delle lingue albanese, greca ed occitanica nel normale orario scolastico, sarà cura della Regione Calabria collaborare con i Comuni, con loro Consorzi, le Province e le istituzioni scolastiche a che´ vengano organizzati dei corsi pomeridiani. Tali corsi si terranno nei locali delle scuole, previo assenso dell’autorità scolastica o in altra sede idonea.
Art. 5
Contenuti ed organizzazione delle attività didattiche
1. I progetti dovranno essere svolti, preferibilmente, mediante l’utilizzo delle lingue minoritarie. 2. L’insegnamento della lingua dovrà essere tenuto dai docenti in possesso del diploma di laurea, dell’area umanisticopedagogica, muniti di titoli comprovanti la conoscenza effettiva delle lingue albanese, greca, occitanica.
Art. 6
Dimensionamento scolastico
1. Per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti nei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge, visto il comma 3 del D.P.R. del 18 giugno 1998, n. 233, è prioritariamente consentita la verticalizzazione aggregata per aree contigue e omogenee.
Art. 7
Corsi di alfabetizzazione
1. La Regione, nel quadro degli interventi previsti dalla presente legge, sostiene le attività di insegnamento, formazione e ricerca promosse dal sistema universitario regionale per la valorizzazione della lingua e della cultura delle minoranze albanesi, grecaniche ed occitaniche della Calabria.
2. La Regione Calabria al fine di agevolare gli obiettivi della presente legge programma in tutto il territorio dei comuni interessati corsi di aggiornamento linguistico per i dipendenti degli Enti pubblici di cui gli articoli 7, 8, 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482.
3. Può istituire corsi gratuiti di alfabetizzazione linguistica per tutti i cittadini dei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge, affidandone la gestione ad Istituti scolastici, Enti pubblici o ad Associazioni riconosciute.
4. Può istituire scuole speciali per la formazione di operatori linguistici e turistici, per la formazione artistica e musicale, l’artigianato tipico e ogni altra attività di formazione scolastica pubblica tesa alla promozione e alla valorizzazione della comunità linguistica e culturale.

TITOLO III
Istituzioni e attività culturali
Art. 8
Comitato regionale per le minoranze linguistiche
1. Per la programmazione delle attività previste dalla presente legge, per la finalizzazione delle risorse destinate alla tutela e alla valorizzazione delle comunità linguistiche è istituito un Comitato Regionale per le minoranze linguistiche della Calabria composto da:
a) Assessore alla cultura o suo delegato;
b) 4 Sindaci dei Comuni albanesi, 2 Sindaci dei Comuni grecanici, il Sindaco di Guardia Piemontese proposti dalla Conferenza dei Sindaci;
c) 4 personalità parlanti le lingue oggetto di tutela e indicati dall’Albo delle Associazioni, di cui: 2 di lingua albanese, 1 di lingua greca e 1 di lingua occitanica;
d) 2 esperti scelti tra le discipline linguistiche storiche e/o antropologiche delle Università di Cosenza e Reggio Calabria.
2. Il Comitato è nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale su designazione dell’organo competente e resta in carica per la durata della legislatura. I suoi poteri sono comunque prorogati fino all’insediamento del nuovo Comitato.
3. Le riunioni sono presiedute dall’Assessore alla Cultura o da un suo delegato.
4. La partecipazione alle sedute non dà diritto ad alcun compenso. Il rimborso delle spese per gli aventi diritto è a carico del bilancio regionale.
5. Le funzioni di segreteria del Comitato sono svolte da un funzionario dell’Assessorato alla Cultura di livello non inferiore alla categoria D.
6. Il Comitato elabora la proposta di programma annuale delle attività educative e culturali per la valorizzazione delle comunità alloglotte.
7. Il Comitato valuta le proposte ed i progetti pervenuti alla Regione tenendo conto delle disponibilità finanziarie, della produttività degli interventi distribuendo equamente le risorse tra le tre comunità linguistiche.
Art. 9
Approvazione
1. La Giunta regionale, sulla base delle proposte pervenute dal Comitato, approva gli interventi entro il 1o novembre di ogni anno.
Art. 10
Istituti regionali di cultura
1. Ai sensi dell’articolo 16 della Legge 15 dicembre 1999, n. 482 sono istituiti tre Istituti regionali: a) è istituito a San Demetrio Corone presso il Collegio italoalbanese di Sant’Adriano, l’Istituto regionale per la comunità arberesh di Calabria;
b) è istituito, con sede in Bova Marina, l’Istituto Regionale Superiore di Studi Elleno-Calabri (IRSSEC) per la comunità greca di Calabria;
c) è istituito a Guardia Piemontese l’Istituto regionale per la comunità occitanica di Calabria;
d) la Giunta regionale in sede di programmazione regionale ai sensi dell’art. 8 è autorizzata ad istituire nuovi Centri o Istituti di ricerca o Sezioni decentrate.
Art. 11
Conferenza regionale dei Comuni alloglotti
1. Nelle Province di Cosenza, Reggio Calabria, Crotone e Catanzaro è costituita la Conferenza Regionale dei Comuni alloglotti di cui all’articolo 1 della presente legge. Essa è composta dai Sindaci dei Comuni o un loro delegato, dai Presidenti delle Province o da un loro delegato, da 5 rappresentanti delle Associazioni di cui 3 per la minoranza albanese, 1 per la minoranza greca, 1 per la minoranza occitanica.
Art. 12
Funzionamento e gestione degli Istituti regionali e della Conferenza regionale dei Comuni Alloglotti
1. La Conferenza regionale dei Comuni alloglotti di cui al precedente articolo 11, e gli Istituti regionali di cultura, di cui al precedente articolo 10, saranno regolati da appositi statuti che dovranno indicare i compiti, gli organi e l’eventuale articolazione di tali organismi.
2. Sentiti gli Enti interessati, gli statuti saranno predisposti dal CO.RE.MIL Calabria entro sei mesi dalla sua costituzione e sottoposti all’esame della Giunta regionale e, da questa, all’approvazione del Consiglio Regionale entro novanta giorni dalla presentazione. Trascorsi sessanta giorni dal termine indicato, gli statuti si intendono approvati.
Art. 13
Associazioni e volontariato
1. La Regione Calabria riconosce l’associazionismo culturale e la stampa locale di lingua albanese, grecanica e occitanica e li considera un insostituibile strumento di tutela, valorizzazione e promozione della lingua e del patrimonio storico-culturale.
2. Istituisce un fondo speciale di carattere culturale, artistico, scientifico, economico, educativo, turistico, ricreativo, sociale, assistenziale, solidaristico, a favore di manifestazioni celebrative, mostre, sagre, convegni di studio e altre iniziative volte a conservare, valorizzare e promuovere il patrimonio linguistico, etnico, artistico, storico, culturale delle minoranze di cui all’art.1 della presente legge su tutto il territorio regionale e nazionale, nonche´ a favore delle iniziative volte a soddisfare le esigenze delle emigrazioni e delle relazioni con i paesi di origine.
3. Ai sensi dell’articolo 4 della L.R. 19 aprile 1985 n. 16 riconosce l’attività delle associazioni culturali operanti per la tutela e la valorizzazione delle comunità linguistiche, istituisce un apposito Albo regionale.
Art. 14
Promozione dell’associazionismo
1. Per i benefici della presente legge sono favorite forme di cooperazione o di associazionismo tra i Comuni.
2. In armonia con le leggi dello Stato e della Regione Calabria sarà promossa e incrementata con mezzi idonei la costituzione di consorzi, cooperative, associazioni onlus od ogni altra forma di volontariato per la tutela degli interessi delle predette popolazioni.
3. Sono ancora favorite e incentivate le iniziative dei privati, singoli o associati, per lo sviluppo di infrastrutture museali, alberghiere e di ristorazione.
Art. 15
Interventi di promozione culturale
1. La Regione promuove e sostiene, sulla base di precisi indirizzi programmatici, iniziative culturali nelle seguenti aree disciplinari ed artistiche:
a) studi, ricerche ed indagini sulla condizione linguistica delle comunità di cui all’articolo 1; creazione di una banca dati di testimonianze e materiali storici, archivistici, etnologici, folclorici; raccolta e compilazione di repertori linguistici albanesi, greci e occitanici, redazione e pubblicazione di atlanti, carte ed altri documenti delle zone storiche, culturali e linguistiche; organizzazione
di seminari, convegni, concorsi di poesia, premi letterari; attività di ricerca, sperimentazione e documentazione su problemi riguardanti la storia, l’economia, la società, le tradizioni ed il patrimonio culturale, artistico e linguistico;
b) stampa e produzione di audiovisivi ed altri mezzi di comunicazione; edizioni di giornali e periodici in lingua albanese, greca e occitanica per sviluppare e diffondere la conoscenza della storia, della lingua, della cultura e delle tradizioni dei gruppi linguistici minoritari; pubblicazioni di opere scientifiche e di divulgazione concernenti la cultura e la lingua albanese, greca e occitanica; attività informative e promozionali attraverso i mezzi di comunicazione sociale;
c) corsi di informazione ed aggiornamento degli insegnanti, concorsi tra gli alunni ed altre attività parascolastiche volte alla conoscenza della storia, della cultura, della lingua e delle tradizioni dei Comuni oggetto della presente legge;
d) allestimento ed organizzazione di spettacoli di teatro, musica e danza per la conoscenza e la diffusione del patrimonio culturale albanese, greco e occitanico;
e) raccolta e studio dei toponimi nelle parlate locali albanese, greco e occitanico e delle relative pubblicazioni scientifiche, anche al fine di evidenziare, attraverso apposita segnaletica, la toponomastica originaria;
f) scambi culturali, soprattutto in ambito scolastico con altre comunità di lingua albanese, greca e occitanica in Italia ed all’estero;
g) relazioni tra i Comuni di lingua albanese, greca e occitanica e le comunità di emigrati calabresi all’estero che hanno conservato e tramandato la lingua e le tradizioni dei luoghi originari.
Art. 16
Festival arberesh e centro musicale
1. La Regione Calabria riconosce la particolare funzione creativa, promozionale ed internazionale del Festival della canzone arberesh e quindi la necessità di particolari finanziamenti annuali per la prosecuzione e il potenziamento della manifestazione.
2. La Regione Calabria istituisce il Centro della musica e del canto popolare arberesh quale strumento di documentazione storica, di ricerca musicale di catalogazione e conservazione dei brani canori.
3. La Regione Calabria promuove analoga iniziativa di cui al precedente comma 1 per le altre due comunità linguistiche.
Art. 17
Stampa, editoria, radio, televisioni
1. La Regione Calabria concede particolare sostegno finanziario agli organi di stampa, alle iniziative editoriali nell’ambito delle comunità linguistiche e culturali, fermo restando i contributi previsti dalle leggi per l’editoria.
Art. 18
Programmazione televisiva
1. In base a convenzioni da stipularsi tra la Regione e la sede regionale RAI per la Calabria e le emittenti radiotelevisive private sentito il CO.RE.COM. Calabria, nei programmi radiofonici e televisivi regionali sono inseriti programmi culturali, educativi e di intrattenimento nelle lingue di minoranza albanese, greca, occitanica.
Art. 19
Intervento speciale
1. Per il biennio 2003-2004 la Regione Calabria costituisce un fondo speciale di C 1.000.000,00 quale fondo economico speciale per un piano di intervento finalizzato alle seguenti attività:
a) recupero delle forme originali dei nomi e dei cognomi delle lingue di interesse della presente legge. Ogni cittadino residente nel territorio regionale può ottenere dai propri Comuni il rimborso delle spese per il cambio anagrafico del nome e cognome, ai sensi dell’articolo 11 della Legge 15 dicembre 1999, n. 482, purche´ comprovabile della autenticità della richiesta;
b) indagine nell’intero territorio regionale, con modalità di censimento, della popolazione alloglotta;
c) catalogazione e archiviazione delle parlate locali dei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge. L’intervento, da ritenersi urgente per la conservazione di forme espressive a rischio di estinzione, verrà realizzato dagli Istituti culturali e dalle Associazioni riconosciute. Lo stesso intervento va successivamente esteso alle presenze linguistiche nei luoghi dell’emigrazione estere;
d) finanziamento a Province e Comuni per studio, progettazione e installazione di segnaletica stradale verticale bilingue, di toponomastica viaria e stradale bilingue, di recupero dei toponimi antichi in uso nel linguaggio popolare;
e) agevolazioni speciali, mediante contributi a fondo perduto per l’installazione di insegne pubblicitarie bilingue.
Art. 20
Scambi culturali con le nazioni d’origine
1. La Regione Calabria, le Province e gli Enti locali agevolano e favoriscono i rapporti tra le comunità linguistiche e le nazioni di origine.

TITOLO IV
Tutela degli interessi socio-economici e ambientali
Art. 21
Tutela socio-economica
1. La tutela delle comunità linguistiche e culturali regionali riguarda anche gli interessi socioeconomici e ambientali che formano il presupposto della loro esistenza e conservazione. Di tale interesse la Regione Calabria tiene conto nella preparazione e approvazione dei piani regionali di sviluppo, dei piani regolatori, dei piani dell’edilizia residenziale e dell’edilizia economica e popolare, nella elaborazione di piani di salvaguardia ambientale e forestale, nel consolidamento e ampliamento del sistema stradale e viario.
2. I piani di programmazione economica, sociale e urbanistica e la loro esecuzione nei territori abitati dalle popolazioni di cui alla presente legge devono attenersi al principio di non alterare il carattere etnico e culturale dei territori.
Art. 22
Patrimonio artistico religioso
1. Per gli edifici sacri e i luoghi di culto della Chiesa di liturgia greca, nell’ambito della presente legge, sarà istituito un apposito fondo speciale per completare, compatibilmente con le leggi vigenti in materia di vincoli e tutela, l’opera di orientalizzazione dell’architettura e dell’iconografia sacra orientale.
Art. 23
Insediamenti abitativi antichi
1. Sono oggetto di tutela e salvaguardia i centri antichi degli insediamenti abitativi delle comunità linguistiche e culturali. Una particolare attenzione è riservata alla tutela della gjitonia italo-albanese e greca organismo antropologico, sociale e urbanistico del villaggio italo-albanese, scientificamente riconosciuto come unico intreccio di urbanistica e vita sociale di tipo orientale.
Art. 24
Servizi fondamentali
1. Le sedi scolastiche di qualsiasi ordine e grado, le strutture sanitarie, gli uffici postali e amministrativi, sono ritenuti servizi fondamentali per la difesa della cultura e del territorio dei Comuni di cui all’art. 1 della presente legge.

TITOLO V
Disposizioni finali
Art. 25
Norma finanziaria e finale
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’art. 10 della presente legge, determinati per l’esercizio 2003 in C200.000,00, si provvede con le risorse disponibili all’UPB 8.1.01.01 dello stato di previsione della spesa dello stesso bilancio, inerente a «Fondi per provvedimenti legislativi in corso di approvazione recanti spese di parte corrente» il cui stanziamento viene ridotto del medesimo importo.
2. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata nell’esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell’UPB 5.2.01.02 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2003. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento tecnico di cui all’art. 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8.
3. Per gli anni successivi la copertura degli oneri legislativi relativi è assicurata con l’approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge finanziaria di accompagnamento.
4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione. La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria.È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Calabria.

Catanzaro, lì 30 ottobre 2003

Il Presidente
Chiaravalloti

martedì 7 ottobre 2008

Ottobre, piovono libri!

L'interessante evento “Ottobre piovono libri” comprende anche alcune iniziative
che riguardano le minoranze etniche,
e quelle calabresi in particolare.
Eccone il panorama.
Purtroppo sono indicate le località,
ma non le sedi:
spero di riuscire a saperne di più.


Vaccarizzo (CS), S. Costantino Albanese (PZ), Melpignano (LE) e Oristano
Dal 6 al 18 ottobre
Per isole. Culture di minoranze
Altipiani eventi e turismo in collaborazione con il Centro per il libro e la lettura

L'iniziativa si propone di favorire lo scambio e il confronto tra le diverse minoranze linguistiche presenti sul territorio nazionale, con particolare riferimento a quelle del meridione. Letteratura e musica, pertanto, costituiranno gli ambiti privilegiati in cui avverrà questo dialogo nella convinzione che, tra i diversi registri espressivi, sono quelli che più facilitano la comunicazione: il coinvolgimento di autori di grande notorietà come Carmine Abate o di figure eminenti di studiosi ed amministratori, come Marcello Marras o Sergio Blasi, accentuerà l'attenzione del pubblico, favorendo ulteriormente la compenetrazione e lo scambio tra sistemi espressivi e linguistici comuni ma variamente differenziati.

Info: 339 2642365 info@inaltipiani.it


COSENZA, CAMPOBASSO, POTENZA, ROMA
Dal 6 al 18 ottobre
Culture di minoranze
Altipiani eventi e turismo

L'iniziativa si propone di favorire lo scambio e il confronto tra le diverse comunità locali di lingua arberèsh, con particolare riferimento a quelle lucane, calabre e molisane, e anche con altre minoranze linguistiche dell'Italia meridionale, con particolare riferimento ai grecanici d'Aspromonte e alla comunità greco-salentina. Letteratura e musica, pertanto, costituiscono gli ambiti privilegiati in cui avviene questo dialogo nella convinzione che, tra i diversi registri espressivi, sono quelli che più facilitano la comunicazione: il coinvolgimento di autori di grande notorietà come Carmine Abate o di figure eminenti di studiosi ed amministratori, come Alberto Mario Cirese o Sergio Blasi, accentua l'attenzione del pubblico, favorendo ulteriormente la compenetrazione e lo scambio tra sistemi espressivi e linguistici comuni ma variamente differenziati.

Info: 339 2642365 info@inaltipiani.it


CAROSINO (TA)
31 ottobre Sala Conferenza del Centro Studi e Ricerche "Francesco Grisi"
Gli arbereshe (Italo albanesi) e il Mediterraneo, con presentazione del libro "Il Mediterraneo vissuto" di Pierfranco Bruni
Promosso da: Iral - Istituto di ricerca per l'arte e la letteratura
Convegno sul ruolo delle minoranze linguistiche in Italia con particolare attenzione agli Arbereshe tra letteratura e musica.

Info: micolcultura@alice.it

lunedì 6 ottobre 2008

Popoli islamici

All'armi! all'armi! la campana sona:
li turchi sù arrivati a la marina!
Per secoli questo grido ha risuonato lungo quasi tutte le coste italiane, e con particolare intensità lungo le nostre. Rimasto nella memoria storica degli anziani, il ricordo delle incursioni "saracene", che ha determinato molto della nostra storia, influenzando anche la lingua e la cultura.

Presenti in Calabria sia con incursioni (per oltre un millennio: a partire dai primi dell’800 dC, viene annotato l’ultimo tentativo di incursione nel 1842 al largo di Punta Stilo!), che con occupazioni temporanee e la costituzione di piccoli emirati in varie località (Squillace, Santa Severina, Amantea, ecc.), gli “arabi” (detti variamente turchi, saraceni, mori, agareni, ed in altri modi ancora) non erano realmente tali.
Ciò che li unificava era la comune religione islamica, ma in realtà provenivano da un’enorme area che va dall’estremo occidente all’estremo oriente del bacino mediterraneo.
Nonostante fossero incursori e depredatori, strinsero intensi rapporti commerciali ed economici con la Calabria, alla quale trasmisero non solo terrore, ma anche cultura e conoscenze tecnologiche.
Grazie a loro giunsero colture come quella del gelsomino o di vari agrumi: bergamotto, e forse arance, mandarini e limoni.
Furono comunque uno degli elementi che causò la decadenza della nostra terra, non ultimo l’impoverimento demografico, con la cattura di schiavi, e l’abbandono delle coste.
Bisogna comunque dire che la cattura ed il commercio degli schiavi veniva esercitato anche dai cristiani nei riguardi delle popolazioni musulmane.
E bisogna anche aggiungere che in alcuni casi gli stessi calabresi, oppressi dalla miseria, si facevano catturare, nella speranza di un futuro migliore, o quanto meno di non morire di fame.

Uluj Alì (Occhialì)
Emblematica in questo senso la vicenda del pirata Occhialì, che, catturato dai turchi, si convertì all’islam, raggiunse posizioni di prestigio e guidò svariate incursioni in quella che una volta era la sua terra.
Oppure di Scipione Cicala (sebbene per alcuni fosse siciliano o genovese), sul quale resta una strofa di un antico canto popolare:
Arrivaru li turchi, a la marina
Cu Scipioni Cicala e novanta galeri.
Na matina di maggiu,
Cirò vozzi coraggiu
Mentre poi a settembri, toccò a Riggiu.
Genti fujiti, jiti a la muntagna,
Accussì di li turchi nessuno vi pigghia!


Dei rapporti e della dominazione testimoniano molte parole entrate nel nostro vocabolario: zirru, giarra, tafareda (contenitori); articoli commerciati erano fjannacca (collana) e juppuni (camicia femminile), e del linguaggio commerciale fanno parte anche magazeni e tamarru (venditore di datteri); tùmanu (unità di misura agraria), màzara (pietra per schiacciare gli alimenti preparati nel salaturi), gebia (vasca di irrigazione), farruba (carruba), zàccanu (recinto per animali), sciàbica (rete da pesca) mostrano l’influenza nelle tecniche agroalimentari, e termini come guàjara (ernia) e limbiccu (alambicco, per produrre l’alcol) appartengono al campo medico-farmaceutico.
Ed infine, turcju (turculus = piccolo turco) era il bambino morto senza battesimo, suraca (syriakè = siriana) erano i fagioli.
Restano tracce anche nei nomi di alcuni paesi: Saracena, Bagaladi (da Baha’llah = Splendore di Dio), e Altomonte si chiamava originariamente Brahalla (Baraka'llah = Benedizione di Dio), nonché molte contrade e località: Torre Saracena variamente presente, Pietra del Califfo a Stilo, e molti altri.
Dei musulmani rimasti, o discendenti da quelli che prima erano i dominatori, o schiavi catturati dai pirati "cristiani" restano alcuni cognomi: Alì, Morabito, Modafferi, Alfarano, ecc. e forse anche Armocida; un'origine "turca" potrebbero avere gli antenati delle varie famiglie Turco, Saraceno, Lomoro.
Secondo qualcuno, del trascorso di invasioni resta la diffidenza verso i forasteri, e dell'influenza islamica resta l'atavica rassegnazione e l'assoggettarsi al destino, ma questo è un campo molto più complesso da affrontare.

Oggi assistiamo ad un ritorno di elementi arabi e musulmani di tipo completamente diverso: curdi, irakeni, afghani, somali e maghrebini.
E’ il fenomeno dell’immigrazione: gli spostamenti di popoli sono sempre avvenuti e sempre avverranno, non possiamo che essere contenti che oggi si svolgano non immigrazioni pacifiche per quanto clandestine e “fastidiose”.
In questo campo, la Calabria, accanto a tutti i problemi che sappiamo, mostra fenomeni di integrazione con reciproco arricchimento culturale ed anche economico.

giovedì 2 ottobre 2008

Grecìa calabrese

Presento qui una brevissima introduzione ai grecanici di Calabria, un'etnia ridottissima e forse (a dispetto dei numerosi e generosi tentativi di mantenerla e svilupparla) in via di scompara.
Sarebbe un vero peccato, perché noi tutti calabresi al di sotto della Sila eravamo (dove fino al XII secolo, dove fino al XIX) grecanici, e profondissime sono tra di noi le tracce del greco: nella lingua, nei riti, nelle tradizioni, nella cultura.
Presento anche tre cartine, che, nella loro eterogeneità nel presentare l'area grecanica, mostrano quanto sia difficile individuarne la reale estensione attuale.

Mi raccomando: il titolo è da leggere Grecìa,
con l'accento sulla i, e non Grécia con l'accento sulla e!

Per quanto riguarda l'origine della lingua grecanica, si scontrano due scuole di pensiero.
Secondo Gerhard Rohlfs (il primo, indimenticato e indimenticabile, e tuttora il più grande studioso della lingua grecanica di Calabria e Puglia, e del calabrese in generale), questa aveva origine direttamente dalla lingua parlata dai colonizzatori della Magna Grecia.
Con lui concordano numerosi studiosi, soprattutto stranieri e greci in particolare, mentre molti altri (soprattutto italiani) ne fanno risalire l'origine all'epoca bizantina, durante la quale, secondo gli altri, si invece avuto solo un rafforzamento e un rinnovamento della lingua greca.
La questione è, e credo sia destinata a restare, irrisolta, in quanto sia gli uni che gli altri portano vari argomenti a sostegno della loro tesi.
Certo, se è dimostrata (come sembra sia dimostrata) la permanenza in Calabria e Puglia di termini e fenomeni linguistici che non possono che avere origine plurimillenaria...
Quello che comunque è certo, è che nei secoli scorsi la diffusione del grecanico in Calabria era molto più estesa di quanto sia attualmente, come potete vedere in questa prima cartina, dove, accanto alle aree dove attualmente si parla greco, sono segnalate le zone in cui lo si parlava nei secoli scorsi: ad ogni colore corrisponde un limite temporale fino al quale sembra fosse parlato il grecanico, a partire dal XV secolo.



Al di là della questione delle origini (tuttora irrisolta) e della presenza storica del grecanico fino ai secoli scorsi (sulla quale invece c'è un accordo generale), si può notare anche una divergenza su quali siano le aree di attuale diffusione del grecanico, come si può vedere da questa seconda cartina, pubblicata sul bellissimo sito Misiti, nella quale ho evidenziato con un rettangolo blu le zone in cui si parla ancora (purtroppo per lo più solo gli anziani!) il grecanico, mentre le altre località segnate fanno parte semplicemente della zona "amministrativa" chiamata grecanica, in cui sono presenti per lo più paesi in cui la lingua si parlava fino a tempi relativamente recenti, mentre in altri ormai da secoli non ne restano che tracce linguistiche.
La terza cartina, dal sito Grecìa Calabra, non distingue tra paesi in cui si parla attualmente grecanico e quelli in cui non si parla più, ed inoltre delinea una zona grecanica diversa da tutte e due le precedenti cartine.
Come si vede, è quanto mai urgente uno studio di questo nostro territorio, prima che se ne perda completamente la sua autenticità.

martedì 30 settembre 2008

Valdesi in Calabria oggi

Abbiamo visto precedentemente una breve storia sommaria degli Occitani di Calabria, sterminati a causa della loro fede valdese.
Vediamo adesso le attuali presenze valdesi in Calabria, attraverso la realtà dell'
Unione delle Chiese metodiste e valdesi.



Attualmente i Valdesi sono presenti in Calabria con cinque chiese e due istituzioni.
Le chiese sono quelle di Catanzaro, Cosenza, Dipignano (CS), Vincolise di Magisano (CZ) e Reggio Calabria.
Le due istituzioni sono la Casa valdese a Guardia Piemontese (CZ) e il Centro evangelico Bethel nella Sila.

CHIESE

Le due comunità di Catanzaro e di Vincolise di Magisano agiscono in stretta cooperazione, ed hanno una lunga storia comune.
A Catanzaro ebbe origine da Antonio Greco, eroe del Risorgimento, nominato da Garibaldi pro-dittatore per la Calabria, poi deputato al Parlamento dell'Italia unita.
A Magisano, ai primi del '900, Ernrico Scorza, convertito insieme a tutta la famiglia dai fratelli maggiori (nella foto a lato, i fratelli Scorza) tornati dall'America dove erano emigrati, fu il principale animatore della Comunità, la quale si sviluppò al punto da essere assaltata da paesani cattolici istigati dal local parroco.
Oggi le due comunità contano un centinaio di fedeli, e la Comunità di Catanzaro ha dato al mondo evangelico il famoso pastore Sergio Rostagno.

Gemelle sono anche le comunità di Dipignano e Cosenza, delle quali la prima, come quella di Vincolise, nasce ai primi del secolo scorso, ed anche qui c'è una storia di emigrazione e di ritorno.
Il primo evangelico fu Francesco Scornaienchi, convertito nel 1902 da un compagno di lavoro.
Dopo l'emigrazione in vari paesi, sia per motivi di lavoro che di evangelizzazione, torna a Dipignano, dove, con molte difficoltà converte prima i familiari e poi anche altri, iniziando a tenere il culto nella sua abitazione.
Intanto, intorno al 1930, il pastore metodista Alfredo Franco, fonda la chiesa di Cosenza, visitando anche la comunità di Dipignano.
Nel 1942 la comunità di Cosenza (e le comunità minori di Dipignano e Aprigliano, che ebbe breve vita) aderiscono alla Chiesa valdese; nel 1945 gli aderenti a questa comunità sono circa una cinquantina.
Nel 1968 finalmente viene edificato il primo edificio pubblico per il culto, che fino ad allora si svolgeva in case private, e negli anni '80 Dipignano diventa sede della comunità, da cui "dipende" Cosenza, nonché Guardia Piemontese, dove il culto si svolge una volta al mese.
Il 21 maggio 2004 viene inaugurato il nuovo Tempio a Dipignano, l'ex chiesa di S. Ippolito (nella foto).

"Gemellata" con la Chiesa di Messina, e servita dallo stesso pastone, è invece quella di Reggio Calabria, sulla quale purtroppo non sono riuscito a rintracciare nessuna notizia di carattere storico, nonostante il suo bel sito.

ISTITUZIONI

CENTRO EVANGELICO BETHEL

Sorge nella Sila Piccola, a 1200 metri di altitudine, fra i villaggi turistici Racise e Mancuso, in provincia di Catanzaro.
Aperto a tutti, intende manifestare il rapporto della predicazione evangelica con la realtà sociale del mondo. Nei periodi in cui non vi siano attività programmate, il Centro è disponibile all'accoglienza di gruppi autogestiti secondo le condizioni stabilite dall'apposito regolamento.

CASA VALDESE

Il 25 settembre 1983, a Guardia Piemontese veniva inaugurato il Centro culturale "Gian Luigi Pascale”, con annesso Museo aperto tutto l'anno; nel 1985, veniva ultimata la "Casa valdese” ad esso adiacente, capace di ospitare una ventina di persone, in quattro appartamenti arredati, soprattutto nel periodo estivo.

lunedì 29 settembre 2008

I Rom con Cosma e Damiano

Elia Fiorenza da CalabriaOra - Domenica 28 settembre 2008

Cosma e Damiano i santi che vegliano sui viaggiatori

Il 26 e 27 del mese di settembre ricorre, come ogni anno, la solenne celebrazione dei santi medici Cosma e Damiano. Giorni in cui la devozione popolare diviene forza evocativa e momento di religiosità pura, dove ad un’interrotta preghiera di supplica si congiungono atti spirituali votivi che rivelano quanto l’essere umano è provato dalla sofferenza, ma anche sorretto dalla fede e dalla sete di un Dio misericordioso. Gesti e segni che qui generano domande sull’esistenza, sull’umanità alla ricerca di un senso. Lo sguardo si posa sui piedi scalzi dei pellegrini che arrivano al santuario dedicato ai Santi Medici: piedi consumati, contusi che dipingono nella realtà il viaggio della vita.
E poi i canti, le invocazioni, le lodi, le testimonianze appaiono dense di significato, di un tempo che sfugge ad ogni distanza per favorire l’animo alle promesse di una fervida speranza. C’è un passaggio obbligatorio nella vita di ognuno: il momento della condivisione, dell’incontro, della diversità. E qui, per le stradine di Riace che confluiscono presso il santuario, echeggiano i tamburelli, le grida, accanto ai colori accesi che varcano la soglia dell’abitudine per cogliere invece l’essenzialità.
Nei cantucci gremiti, suggestivamente i panneggiamenti scivolano via per dar spazio ai cerchi di condivisione di varie generazioni che manifestano insieme il culto ai Santi Anargiri Cosma e Damiano con suoni e giaculatorie. Come un nastro magnetico e saturo la memoria si ravvolge a strattoni, con arresti istantanei, che coincidono coi momenti più straordinari, decrittati dalla meraviglia provata di fronte ad una folla di persone in cammino, in movimento, in esultanza. E’ la presenza singolare e calorosa degli zingari, rom e sinti, che caratterizza con questa festosità l’atmosfera di Riace in occasione della festa dei santi Medici. I loro costumi, il loro status vivendi così particolare e inconsueto, e quelle loro appassionate piroettate folkloristiche.
La loro danza cattura l’energia in ogni soffio d’aria nell’asimmetria dei loro movimenti, veri svolgimenti di un’armonia afferrata nelle leggi di gravità.
Essi guardano il mondo che li circonda come avessero in mano le chiavi della felicità. Indossano il presente di ogni età, si nascondono dietro i loro sgargianti costumi nei toni della malva, del verde, del rosso e dell’oro ornati di nastri, gioielli e ricami. Questo dichiara concretamente la loro identità.
Un’identità preziosa questa dei rom, che si integra alla rottura della routine, dove convergono solo usi e costumi ormai tutti conformati a perbenismi astiosi. Un’identità che diviene spaccato antropologico, oltre che premessa alla loro cultura sempre originale e fiera, da autentici peregrini per ager: i viandanti che attraversano campi e pericoli pur di raggiungere la meta prefissata.
Nomadi del mondo insomma che si amalgamano agli improvvisi cambiamenti della natura, certi che il sacrificio porta ricompensa. La loro storia racconta emozioni, sfide, avventure e il loro ritrovarsi ogni anno a vivere la festa di questi santi taumaturgici, venerati proprio dagli zingari come loro protettori e patroni, rappresenta una possibilità di confronto che ricorda quanto sia multicolore la terra e quanto siano diversi tra loro gli uomini che la abitano.

Integrare è possibile

Ilario Filippone da CalabriaOra - Domenica 28 settembre 2008

Il “modello Riace” attraverso la storia di Aziz, arrivato in mare dall’Afghanistan
Ha viaggiato da solo dopo aver perso i genitori. «Tutta mia famiglia morta per bomba»
A Crotone ha rivisto il cugino
Il sindaco Lucano: «Non sono clandestini, gli 80 che ospitiamo hanno ottenuto asilo politico. E sono utili»



Aziz, sette anni, afgano, ha imparato a mascherare il rossore dell’imbarazzo portando le mani al volto. Sorride. Ha toppato: s’è messo a scrivere l’iniziale del suo nome in minuscolo e la maestra lo ha corretto. Fa la seconda elementare, siede al primo banco con Mohamed, nove anni del Libano, e Ana, una ragazzina dalla pelle scura che ha lasciato l’Etiopia con il fratellino, Thomas.
Aziz non ha padre né madre. Li ha visti morire ammazzati quel giorno che una bomba gli rase al suolo casa. Per dirti che è vivo per miracolo smozzica qualche parola in italiano: «Sono in Italia per problema Afghanistan. Tutta mia famiglia morta sotto bomba, ma io no. Per venire qui, io solo in mare», racconta.
Quando è sbarcato in Calabria lo hanno portato al centro di prima accoglienza di Crotone. Lì ha rivisto il cugino, Sabiy, di cui da mesi aveva perso ogni traccia. «Eccolo, si chiama Sabiy, ha sette anni. Anche lui di Afghanistan come me». Sabiy e Aziz, aspetto esteriore tipico del paese da cui provengono, ora vivono a Riace. Frequentano la stessa classe, la stessa casa, gli stessi amici, gli stessi posti.
«Non si staccano mai, ma si sono integrati bene anche con il resto della classe» dice la maestra.
Riace, un borgo in pietra che ha aderito a un progetto di accoglienza e sostegno agli immigrati predisposto dal ministero dell’Interno, è ben amministrato. Il primo cittadino, Domenico Lucano, di buon’ora lo trovi in strada alle prese coi dipendenti comunali. Che è più sostanza che forma lo capisci quando lo vedi. Niente cravatta d’ordinanza, solo jeans e camicia stanca, che indossa come capita capita. Qui lo chiamano tutti Mimmo. E’ un uomo alla mano, dal sorriso facile, ti ricorda sempre di dargli del “tu”.
Ma se provi a chiedere dei clandestini, non ti fa finire, ti stoppa subito: «Non sono clandestini, le ottanta persone che ospitiamo hanno chiesto e ottenuto asilo politico. E’ gente utile anche all’economia locale, grazie a loro abbiamo riscoperto l’artigianato. In più, con le trenta euro che il ministero dell’Interno ci dà per ognuno, riusciamo a garantire a tutti casa, cibo, istruzione e assistenza legale», ti spiega nel suo ufficio in cui campeggiano poster di Che Guevara dappertutto.
Accanto al sindaco c’è Cosimina Ierinò, una signora minuta con gli occhiali stampati sul viso curato. La conoscono tutti in paese. Fa la maestra, ha il compito di insegnare la lingua italiana agli adulti. Ogni sera scorre ad alta voce le lettere dell’alfabeto con afgani, eritrei, libanesi ed etiopi. E’ di fretta, alle dieci in punto ha il corso di formazione che segue con grande attenzione. «E’ previsto dal progetto. Faccio l’alunna di giorno e l’insegnante di sera. Stamane quei signori ci spiegano l’asilo politico. Hanno deciso così: prima l’aspetto giuridico, poi ci diranno come interagire con loro». Cosimina non è la sola a prendersi cura degli immigrati.
Con lei lavora una ragazza, «un’altra operatrice del progetto» che vedi arrivare con delle buste cariche di cibo. Le è hanno affidato questa mansione. Ogni sera fa il giro delle case:«Mi lasciano la lista delle cose che gli necessitano, così io e le altre gliele facciamo trovare il giorno dopo. Adorano i nostri prodotti, agli eritrei addirittura piace molto il piccante», racconta. Anche i pochi commercianti del posto stanno facendo la loro parte. Devono essere ancora saldati, eppure non hanno mai negato gli alimenti alla comunità straniera. «Lo sanno, oramai è noto a tutti: i soldi del ministero, anche se sono soldi sicuri, tardano ad arrivare. Però prima o poi li incasseranno, non si sono mai persi i soldi pubblici», spiega Cosimina.
Gli immigrati che popolano Riace sono padri, madri, figli, fratelli, sorelle, cugini, zii. A tutti è stato concesso lo status di rifugiato. Dice la convenzione di Ginevra che «il rifugiato è colui che temendo di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità o appartenenza a un determinato gruppo sociale si trova fuori dal paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese».
Così Lemhem, 26 anni, professione interprete, è una «rifugiata», una donna fuggita dal paese d’origine per mettersi in salvo. E’ venuta via dall’Etiopia il giorno in cui Addis Abeba decise di entrare in guerra con l’Eritrea per conservare il villaggio di Badme, un minuscolo fazzoletto di terra che non appare neppure sulla carta geografica ma che ha provocato 90 mila morti. E’ in Italia da anni, di Riace ha memorizzato ogni angolo. Riesce a comunicare con italiani, afgani, libanesi, eritrei, etiopi. Nell’ultimo periodo è su di giri per la nascita di Brhane Feven, una bambina di colore partorita lo scorso mese dall’amica Negash. A mamma e figlia hanno fatto trovare televisione satellitare in camera da letto. « Così possono informarsi su quanto avviene in Etiopia », fa Lehmem, pelle scura e occhi a mandorla.
Raccontano in paese che «non sono affatto passivi» quelli della comunità straniera. «Tutt’altro: socializzano, leggono, si informano, vogliono imparare la lingua italiana». Lavorano il vetro, la ceramica, con la ginestra riescono a produrre tappeti, zaini. Sgobbano senza sosta, il desiderio di riscatto spinge molte donne a un impegno doppio, ad esempio a lavorare e prendersi cura della famiglia.
Come Mohna, una donna del Libano che stamane si è presentata al laboratorio di ricamo assieme al figlio di due mesi, Mahdi, di cui prevede un avvenire da medico. «Lui e i suoi fratelli, che ora sono a scuola, erano in mare con me e mio marito» ti dice mentre muove adagio il seggiolone a dondolo che sorregge il piccolo Mahdi. Nella casupola in pietra che tutti conoscono come il laboratorio di ricamo, Mohna lavora con Zaid e Abbheba, due ragazze di colore dell’Eritrea. Che sono diventate amiche lo hanno detto perfino a una giornalista venuta dalla Finlandia per un reportage sulla condizione degli immigrati. «Mi trovo bene con loro, vengo a lavorare con piacere. Non tornerei mai in Libano, alla guerra preferisco Riace».

sabato 27 settembre 2008

Rom a Riace

Da ReggioTV - Venerdì 26 settembre 2008, 18:29

Rom: a Riace in centinaia per festa patroni della comunità

Riace (Reggio Calabria). Oltre quindicimila persone, tra cui anche centinaia di rom, hanno partecipato stamani a Riace alla tradizionale processione dei Santi Cosma e Damiano. Dopo aver partecipato ad una intensa veglia di preghiera, arricchita anche da canti e balli, stamani i rom giunti a Riace da tutte le regioni dell'Italia Meridionale hanno partecipato alla processione dei santi protettori della loro comunità.
La processione, così come accade ogni anno, è partita dalla chiesa matrice del paese della Locride per poi raggiungere il Santuario dei Santi Cosma e Damiano che si trova ad una distanza di circa due chilometri dal centro abitato della cittadina della locride.
"Come accade ogni anno - ha detto il sindaco di Riace, Domenico Lucano - c'é stata una intesa partecipazione popolare. La nostra è una manifestazione religiosa particolarmente sentita dai rom che arrivano da tutte le regioni meridionali. Quest'anno a Riace questo evento religioso è caratterizzato dalla voglia di riscatto della locride che passa attraverso due criticità nazionali: l'immigrazione ed i rom".

Il video si riferisce alla festa del 2005

venerdì 26 settembre 2008

Persecuzione dei valdesi di Calabria

Ancora dal sito del Comune di Guardia Piemontese.

La Porta del Sangue, che era la porta di ingresso principale
al paese, è così chiamata poichè si narra che durante l'assalto
a Guardia Piemontese, perpetrato dalle truppe del Marchese Spineli, il sangue vi scorresse a fiotti

Con l'avvento degli spagnoli nell'Italia meridionale, e in epoca della Riforma protestante, gli eventi mutarono radicalmente presso le colonie valdesi in Calabria che fino a quel punto avevano goduto del rispetto e della protezione dei signori locali.
Nel 1532, il Sinodo generale di Chanforan, in Val d'Angrogna, sancì l'adesione alla Riforma protestante del movimento valdese.
In Calabria, le colonie valdesi furono esortate da pastori protestanti ad abbracciare il culto pubblico seguendo l'esempio dei confratelli delle valli piemontesi che già da diverso tempo avevano deciso di non nascondere più la loro fede. I valdesi di Guardia conobbero e abbracciarono, grazie alle visite periodiche di pastori provenienti dalle Valli, la nuova dottrina di Calvino.
Spinti dall'entusiasmo inviarono nel 1558, nonostante il divieto posto dal pastore Egidio Gilles, un certo Marco Uscegli a Ginevra per avere altri pastori. Da Ginevra fu mandato in Calabria un certo Gian Luigi Pascale accompagnato dallo stesso Uscegli e da altri fratelli. La predicazione di Pascale entusiasmò ancor di più i coloni fino al punto di attirare l'attenzione del Marchese Spinelli, il quale, informato degli eventi e temendo l'intervento del Sant'Uffizio, tentò dapprima di esortare Pascale e Uscegli ad abbandonare i luoghi delle loro predicazioni, quindi, resosi conto della loro assoluta determinazione nel perseguire l'opera di riforma, li fece arrestare.
Molti valdesi guardioli indignati per gli arresti accusarono il Marchese Spinelli di angherie nei loro confronti al Viceré di Napoli. Fu a questo punto che Spinelli denunciò i guardioli come eretici allo stesso Viceré.
Pascale, Uscegli e altri fratelli furono trasferiti prima nelle carceri di Cosenza, quindi a Napoli ed infine a Roma. Invano tentarono alcuni frati cattolici nel convincere Pascale e gli altri a rinnegare la loro fede. Gian Luigi Pascale fu impiccato la mattina del 16 settembre 1560 nella piazza di Castel Sant'Angelo e il suo cadavere fu poi bruciato. Non si conosce invece il destino che ebbe Uscegli.

Processo verbale della morte di Gian Luigi Pascale redatto dalla confraternita di S. Giovanni Decollato
(l'originale è conservato presso l'Archivio di Stato di Roma).
Domenica sera addì XV settembre a ore una incirca di notte sendo stati giamati andammo in tor di nona dove era condennato a morte Gio:Luigi Pascale di Gunio di Piemonte il quale era luterano perfido nemmaj volse confessarsi ne udire messa nekando ogni S° ediuno precetto e sagramento inquale sua ostinacia resto lunedì mattina addì XVI detto fu condotto a ponte dove fu abruciato e si feciero le appresso spese.
A sachrestany e fattori baiocchi 45 p. un viaggio a fachini baiocchi 15 p. una foglietta di vino baiocchi 5 La cenere di detto Gio:Luigi Pascale non si ricolse altrimenti

Il Viceré di Napoli, d'accordo con il Grande Inquisitore, il cardinale domenicano Michele Ghislieri, futuro pontefice e santo Pio V, esortò i governatori delle province ad "estirpare le eresie".
La prima colonia a cadere sotto i colpi dell'esercito vicereale fu quella di San Sisto. Molti valdesi si diedero alla fuga ma vennero rintracciati nei boschi. Vi fu chi venne giustiziato sul posto, altri vennero fatti prigionieri. Le case furono distrutte e i beni confiscati. Fu a questo punto che il marchese Spinelli decise di impadronirsi di Guardia, e per far ciò ricorse ad uno stratagemma.

Ecco la descrizione che ne fa il Tommaso Costa, napoletano e cattolicissimo:
Egli dunque tentò insignorirsi di Guardia, senza ottenere le truppe crociate. A cui non bastando i suoi uomini d’arme, ricorse ad uno stratagemma, a un tranello. Come signore dei luoghi, egli finse dover spedire in Sammarco una cinquantina di delinquenti ed essendo inoltrato il giorno chiese di farli pernottare nel castello di Guardia e l’ottenne. Il comune non si niegava punto alla signoria del marchese; non si proponeva che di difendere la propria vita contro le orde di cereali, sapendo dietro l’esempio di San Sisto che non era a sperare misericordia. Li supposti delinquenti erano d’arme dello Spinelli; ed entravano in Guardia scortati da cinquanta altri giovani, tutti armati di sotto alle vesti di archibugetti a ruota. Quei di Guardia erano gente semplice, di buona fede. Lo stratagemma, comunque inorpellato, raggiunse lo scopo. Caduta profonda la notte, quei cento uomini sbucarono dalle carceri e dal castello, si avventarono per le case, facilmente si impadronirono del luogo e con prestabilito segnale ne avvisarono lo Spinelli, appostato nelle vicinanze con altri armati.Così avrebbe egli potuto imprigionare i più notevoli di quei terrazzani, e dare il luogo senza contrasto in balia delle truppe.
(Compendio dell’Istoria del Regno di Napoli per Collenuccio, Roseo e Costo. Napoli, Gravier, III, 210)

Era il 3 giugno 1561. L’unica testimonianza di quello che accadde in quei giorni è contenuta in tre lettere scritte da persona di Montalto:
In quei giorni si diede fuoco alle case di Guardia si abbatterono le mura si tagliarono le vigne.Nei primi undici giorni del mese di giugno ben, 2000 persone furono uccise, ma non bastando "si volle dare un formale esempio". I prigionieri Guardioti stavano chiusi ammucchiati dentro una casa. La mattina dell’11 venne il boia a pigliarsi a una a una le vittime. Trattone quello che gli capitava tra mano, gli legava una benda sugli occhi e menavolo in un luogo spazioso poco distante da quella casa. Qui fattolo inginocchiare, con un coltello gli tagliava la gola e lo gettava da parte cadavere o agonizzante com’era. Ripresa poi quella benda e quel coltello, su tutti gli altri ripeteva la stessa operazione. In quest’ordine ottanta otto persone furono sgozzate.
(Archivio Storico, prima serie, IX 163. Lettere riprodotte da Veggezzi - Ruscalla nel suo "Colonia Piemontese in Calabria", Torino 20 novembre 1862)
Gli spioncini, ancora oggi presenti su alcune porte,
furono imposti dall'Inquisizione
al fine di sorvegliare gli antichi coloni

Di tutte le colonie valdesi in Calabria l’unica a sopravvivere fu quella di Guardia Piemontese, dove furono raccolti tutti i graziati a condizioni durissime e sotto il controllo del "fedelissimo" marchese Spinelli.
Non gli era permesso sposarsi fra loro, sulle porte furono posti degli spioncini che dovevano rimanere sempre aperti per permettere ai sorveglianti di controllare che "non si abbandonassero a pratiche religiose non cattoliche".
Fu in questo periodo che per confermare la sua presenza il Vescovo di Cosenza fece costruire una Chiesa. Successivamente la famiglia Spinelli iniziò l’edificazione del Convento dei Domenicani "e vi poneva l’inquisizione in permanenza".

Valdesi di Calabria: alcuni caratteri

Continua, sempre presa dal sito del Comune di Guardia Piemontese, questa prima carrellata sui Valdesi di Calabria.

LA LINGUA OCCITANA
Il termine Occitania venne coniato nel 1290, per definire l'insieme dei territori in cui veniva utilizzata la lingua d'oc (idioma alternativo alla lingua d'oïl e a quella del sì).
La storia di questa lingua è molto antica e va fatta risalire ai primi contatti e influssi ellenici che interessarono quest'area (che si può definire delimitata dal Mediterraneo, dai Pirenei, dall'Atlantico, dal Massiccio Centrale e dalle montagne del Delfinato).
Prepotenti furono successivamente gli influssi dell'espansione dei romani in Gallia: il latino si insinuò fortemente nella lingua occitana, modificandola soprattutto dal punto di vista verbale. Le invasioni barbariche del V e VI secolo portarono altri influssi minori.
I primi scritti in lingua occitana si ritrovano nel 900 d.C., e i primi versi dei troubadours nel 1100. Dal 1100 al 1200 la lingua occitana si diffuse in tutta Europa affascinando anche molti poeti italiani e francesi.
Una delle forti componenti della cultura occitana era la strenua contrapposizione al potere cattolico: circostanza che determinò forti rivalità con il papato e la corona francese. Lo scontro fu reso più aspro dal concatenarsi del movimento eretico càtaro con lo spirito di autonomia culturale occitano. Il "cuore ribelle di Francia" divenne allora un pericolo che la monarchia non esitò a togliere di mezzo, indicendo una vera e propria crociata contro i Càtari.
Nel corso del 1400 molti intellettuali occitani continuarono a scrivere opere nella loro lingua madre, definitivamente bandita dal re di Francia Francesco I nel 1539. Da questa data la lingua occitana venne degradata al ruolo di parlata regionale e catalogata dai linguisti francesi come patois in senso dispregiativo.
Fu grazie al poeta Fréderic Mistral che, nella seconda metà dell'800, la lingua occitana riacquistò la sua dignità, potendo "risorgere " durante tutto il corso del '900.
Molto intelligentemente, il Comune di Guardia ha fatto un vocabolario della parlata attuale (guardiolo), che potete consultare e scaricare sul sito stesso.

ECONOMIA
Sul piano economico, i valdesi di Calabria, continuarono ad esercitare quelle attività che già praticavano nelle Valli piemontesi, ed in particolar modo si dedicarono all'agricoltura e alla pastorizia.
Tra le attività più redditizie praticate dai valdesi occorre menzionare l'allevamento del baco da seta che assieme alla lavorazione della lana costituiva la risposta al soddisfacimento di buona parte della domanda, locale e non, del mercato tessile di pregio.

USI RELIGIOSI
Dal punto di vista religioso, i valdesi esercitavano la loro fede con molta prudenza. Le loro riunioni religiose si svolgevano per lo più in abitazioni private, dove venivano lette le Sacre Scritture e si pregava recitando nel dialetto delle Valli.
Sebbene non adorassero le immagini dei Santi e della Madonna ed i loro riti potessero essere presieduti da chiunque fosse credente, seppero tenere per lungo tempo lontani i sospetti del clero, anche perché per gli atti religiosi con valore giuridico come i battesimi, i matrimoni e i funerali ricorrevano sempre alle chiese cattoliche e, inoltre, godevano della protezione dei nobili che li avevano accolti nei loro feudi per coltivarli in cambio di un canone d'affitto.
Nel caso di Guardia, il feudo che ospitava la colonia era quello di Fuscaldo di cui era proprietario il Marchese Salvatore Spinelli.

Valdesi di Calabria: Origini

Per queste prime presentazioni degli Occitani/Valdesi di Calabria saccheggio il sito (molto ben fatto, sebbene in costruzione) del Comune di Guardia Piemontese, al quale rinvio per maggiori informazioni.

I VALDESI
Il movimento valdese, al pari di altri movimenti di rinnovamento cristiano, nasce come tentativo di riportare la Chiesa di Roma, corrotta dal potere e nei costumi, agli ideali evangelici e all'insegnamento di Gesù.
Questo movimento fu fondato in Francia, a Lione, nel 1174 ad opera di un ricco mercante, Valdès o Valdo (poi chiamato Pietro Valdo), il quale utilizzò una parte delle sue ricchezze per far tradurre le Sacre Scritture in lingua volgare.
I valdesi incominciarono a predicare gli insegnamenti di Cristo in tutta la Francia meridionale, denunciando il degrado della Chiesa e la sua immoralità, fino a quando non furono condannati come eretici nel Concilio di Verona (1184), condanna che divenne definitiva nel IV Concilio Lateranense del 1215.
Dopo la scomunica, i loro seguaci si diffusero in Italia settentrionale e da lì si estesero in Austria e in Germania dove il movimento anticipò, più di ogni altro, aspetti che in seguito avrebbero caratterizzato la Riforma protestante del XVI secolo.

GUARDIA PIEMONTESE
In rosso, le località ad antico insediamento valdese,
in blu altri luoghi dove abitarono
Non si sa quando i valdesi giunsero in Calabria, né se ne conoscono con precisione i motivi.
Secondo alcuni studiosi, essi, vi giunsero attorno al XIII secolo spinti dall'esigenza di sfuggire alle persecuzioni in atto nelle valli piemontesi; secondo altri, ed è questa l'ipotesi più accreditata, il loro arrivo è da datarsi nella prima metà del XIV secolo a causa della mancanza di occupazione determinata dalla sovrappopolazione delle Valli.
In Calabria i valdesi trovarono terre molto fertili: "essendovi colline e pianure ornate da ogni sorta di alberi fruttiferi, come noci, castagne, ulivi, melangole ecc., e di terreni atti a ricevere ogni sorta di sementi, fecero colà convenzioni che pagando un tributo dei terreni che possiederebbero, potessero abitare a parte e fra loro costituire una comunità o più, e stabilire regolatori, con facoltà di imporre tagli e di esigerle senza essere obbligati di prenderne altra permissione nè renderne conto alcuna, eccetto fra di loro" (Giglio, "Istoire des èglises rèformèes autresfois applèes vaudoises", Ginevra, 1644).
Di tutto ciò le genti delle Valli ottennero regolare "istrumento" confermato dal Re di Napoli Ferdinando di Aragona.
I valdesi, oltre che a Guardia Piemontese (allora chiamata La Guardia), si insediarono in altre località della attuale provincia di Cosenza tra le quali occorre ricordare: Montalto Uffugo, Vaccarizzo, San Vincenzo La Costa e San Sisto dei Valdesi.
Fra tutti questi insediamenti, Guardia Piemontese è attualmente, e da moltissimo tempo, l'unico posto in cui si è conservata l'antica lingua occitana e, fino a non molto tempo fa, anche l'uso del costume tradizionale.
Il luogo fu scelto probabilmente per la sua posizione elevata (circa 514 metri sul livello del mare) e fu cinto da mura a scopo difensivo, inglobando l'antica torre d'avvistamento realizzata (assieme a molte altre sparse lungo la costa tirrenica) tra XI e il XII secolo per segnalare in anticipo le incursioni di pirati e saraceni.
Ecco come viene descritta Guardia dal Vegezzi – Ruscalla nel suo "Colonia Piemontese in Calabria" (Studio Etnografico - Torino 20 novembre 1862):
"Nella estrema parte d’Italia, dove la gran catena degli Appennini rasenta le tepide onde del Tirreno, ai piedi dell’Alpe che ha nome la Cresta del Bitonto, fra il rivo dei Vani a borea ed il rivo della Scala ad austro, nel territorio già, negli antichissimi tempi, della repubblica Turina ed ora della provincia della Calabria citeriore, circondario di Paola, mandamento di Cetraro, sorge sur una montagnuola un paesuccio, che, giusta l’anagrafe data dalla statistica amministrativa del 1861, contava 1517 abitanti dediti alle pacifiche cure dei campi ed in ispecial modo alla cultura dei bachi da seta. Alpestre ne è il territorio, però bene vi allignano la vite, il fico, l’olivo, il gelso ed i cereali, ma ciò che fa meglio conosciuto questo paese si è una sorgente termale di antica celebrità, le cui acque sono un potente rimedio contro le affezioni nervose da cui trasse il nome il vicino paese di Fuscaldo (Fons Calidus). Esso Comune ha nome Guardia, e la favella dei suoi abitanti è diversa da quella dei Comuni circonvicini, come è diversa la foggia di vestire delle donne, non che alcune costumenze rurali".

giovedì 25 settembre 2008

Arbëreshe in Calabria: panoramica

Dal sito Guzzardi - Arberia

In Calabria conservano l'uso della lingua albanese
58.435 abitanti,
in 35 comuni:
27 in provincia di Cosenza,
5 in provincia di Catanzaro,
3 in provincia di Crotone.
Eccone l'elenco in ordine alfabetico
(diviso nelle tre province)
e con il nome in italiano e in arbëresh.

COSENZA

1 Acquaformosa Formòza
2 Castroregio Kastërnèxhi
3 Cavallerizzo Kalvarìci
5 Cerzeto Qàna
6 Civita Çifti
7 Eianina Ejanìna
8 Falconara Albanese Fallkunàra
9 Farneta Farnèta La Certosa
10 Firmo Fèrma
11 Frascineto Frasnìti
12 Ioggi Jòxhi
13 Lungro Ungra
14 Macchia Albanese Màqi
15 Marri Màrri
16 Plataci Pllàtani
17 San Basile Shën Vasìlj
18 San Benedetto Ullano Shën Bendìti
19 Santa Caterina Albanese Picëlìa
20 San Cosmo Albanese Strigari
21 San Demetrio Corone Shën Mìtri
22 San Giacomo di Cerzeto Shën Jàpku
23 San Giorgio Albanese Mbuzàti
24 San Martino di Finita Shën Mertìri
25 Santa Sofia d'Epiro Shën Sofia
26 Spezzano Albanese Spixàna
27 Vaccarizzo Albanese Valkarìci

CATANZARO

28 Amato Amàti
29 Andali Andalli
30 Caraffa di Catanzaro Caràfa
32 Marcedùsa Marçëdhùza
35 Vena di Maida Vìna

CROTONE

31 Carfizzi Karfici
33 Pallagorio Puhërìu
34 San Nicola dell'Alto Shën Kolli

Arbëreshe, breve storia

Dal bel sito Vatra Arbëreshe, una breve presentazione storica dell'immigrazione degli albanesi nell'Italia meridionale e in Sicilia.

L'emigrazione albanese in italia è avvenuta in un arco di tempo che abbraccia almeno tre secoli, dalla metà del XV secolo alla metà del XVIII: si trattò in effetti di più ondate successive, in particolare dopo il 1468, anno della morte dell'eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderberg.
Secondo una tradizione di studi storici consolidata e anche secondo studi recenti sono almeno otto le ondate migratorie di albanesi nella penisola italiana, cui va aggiunta l'ultima recentissima cominciata all'inizio degli anni novanta del 1900.
Gli albanesi in genere non si stabilirono da subito in una sede fissa, ma si spostarono più volte all'interno del territorio italiano e ciò spiegherebbe anche la loro presenza in moltissimi centri italiani e in quasi tutto il Meridione.

La prima migrazione risalirebbe agli anni (1399 – 1409), quando la Calabria era sconvolta dalle lotte tra i feudatari e il governo angioino e gruppi albanesi fornirono i loro servizi militari.

La seconda migrazione risale agli anni (1416 – 1442), quando Alfonso I d'Aragona ricorse ai servizi del nobile condottiero albanese Demetrio Reres; che portò con sé un folto seguito di uomini. La ricompensa per i suoi servigi consistette nella donazione, nel 1448, di alcuni territori in Calabria e, ai suoi figli, in Sicilia, (paesi di Caraffa, Pellegorio, S. Nicola e Carfizzi vicino a Catanzaro e Piana degli Albanesi in Sicilia.).
(E ancora oggi le comunità più numerose si trovano in queste due regioni.).

La terza migrazione risale agli anni (1461 – 1470), quando Giorgio Castriota Skanderbeg, eroe nazionale albanese che aveva combattuto e respinto l'invasione turca nel 1443., inviò un corpo di spedizione albanese guidato dal nipote Coiro Stresso il quale Sbarcò nel 1461 a Barletta in aiuto di Ferrante I d'Aragona in lotta contro Giovanni d'Angiò;e i baroni ribelli, vinse e ricevette in premio il Gargano, Trani e S.Giovanni Rotondo. Sorsero così i paesi italo-albanesi di Chieuti, San Marco in Lamis, Roccaforzata e Martignano.

La quarta migrazione (1470 - 1478) coincide con un intensificarsi dei rapporti tra il Regno di Napoli e i nobili albanesi, anche in seguito al matrimonio tra una nipote dello Skanderberg e il principe Sanseverino di Bisignano e con la caduta di Krujia la quale nel 1478 cadde sotto il dominio turco e determinò una nuova migrazione verso l'Italia, migrazione guidata da Giovanni Castriota, figlio di Scanderbeg, verso i feudi di Soleto e Galatina nella penisola salentina. Queste popolazioni successivamente si trasferirono in Calabria e fondarono le comunità di San Demetrio, Macchia, San Cosmo, Vaccarizzo, San Giorgio, Santa Sofia, Spezzano e quasi tutte le altre comunità della provincia di Cosenza: 32 comunità italo-albanesi.
In questo stesso periodo una fiorente colonia albanese era presente a Venezia e nei territori a questa soggetti.

La quinta migrazione (1533 - 1534) coincide con la caduta della fortezza albanese di Corone sotto il controllo turco e fu anche l'ultima migrazione massiccia.

La sesta migrazione (1664) coincide con la migrazione della popolazione della città di Maida, ribellatasi e sconfitta dai Turchi, verso Barile, già popolata da albanesi in precedenza.

La settima migrazione (1744)vede gli abitanti Chimaroti, provenienti da Pikernion non lontano da Santi Quaranta nell'Albania meridionale, rifugiarsi a Villa Badessa (provincia di Pescara) in Abruzzo.

L'ottava migrazione (1774) vede un gruppo di albanesi rifugiarsi a Brindisi di Montagna, in Basilicata.

La nona migrazione è quella in atto ancora oggi.

mercoledì 24 settembre 2008

Calabria arcobaleno

Nel post precedente ho tratteggiato sommariamente la storia più antica del sovrapporsi di popoli e genti in Calabria, fino al delinearsi della divisione tra Calabria Citeriore e Ulteriore.
Ora proseguo l'excursus storico: soffermandomi sulle presenze attuali.

Accanto a Greci e Latini, numerori altri popoli giunsero nella nostra terra, alcuni per assimilarsi facilmente, altri continuano ad abitarvi, ed altri ancora se ne andarono o furono scacciati.

Il mito narra di Aschenez, pronipote di Noé, giunto a fondare Reggio: una leggenda che rimanda ad antiche frequentazioni orientali (probabilmente fenicie) che però non lasciarono tracce.
Ma tra i semiti, fin dai primi secoli dell'era cristiana giunsero gli ebrei, il cui numero (pur tra continue cacciate e rientri, conversioni forzate e spontanee e ritorni alla fede dei Padri) crebbe insieme all'influsso economico e culturale fino alla cacciata definitiva del 1541. Restano oggi tracce nei cognomi e in molte usanze variamente diffuse.
Anche gli arabi popolarono la Calabria a partire dall'VIII secolo, e sebbene per lo più si limitassero ad incursioni e depredazioni, vi fondarono emirati (Amantea, Santa Severina, Squillace) che durarono vari decenni, e la loro presenza rimane nei cognomi, in molte parole, in modi di dire (si Dddiu vola, comu vola Ddiu = inshallah) e forse in un certo atteggiamento caratteriale improntato alla rassegnazione.
Degli ebrei oggi non ci sono che presenze isolate, e difficoltosa sarà l'opera di ricostituzione di una comunità; esiste però la comunità riformata di Rabbi Barbara Aiello, che ha aperto una sinagoga a Serrastretta.
Gli Arabi stanno ora tornando non più come invasori, ma come immigrati, ma si tratta di un altro fenomeno storico, che pone diversi e numerosi problemi, ed il cui esito potremo vedere tra non prima di decenni.
Accanto a loro, si ha in alcuni paesi un insediamento di piccoli gruppi di Curdi, qui sbarcati in fuga dalla guerra e dalla miseria.

Con gli eserciti bizantini giunsero anche gli Slavi (segnatamente bulgari, o almeno questo era il nome che veniva loro dato, anche se probabilmente erano di varia origine) e gli Armeni; più numerose sono le tracce di questi ultimi, sebbene gli uni e gli altri abbiano finito per essere rapidamente assimilati.
Ora si assiste di nuovo ad un ritorno (in forme analoghe a quelle degli Arabi, e che pone più o meno le stesse problematiche), particolarmente di Ucraini, Russi e Bielorussi, ed insieme a loro i Latini d'Oriente, i Romeni, il cui Patriarcato ha anche assunto la reggenza dell'antico Monastero di San Giovanni Theristis; con essi sta quindi tornando anche la presenza dei cristiani ortodossi, non essendo mai mancato però il rito bizantino, grazie agli Albanesi uniti alla Chiesa cattolica.

Con gli Albanesi (Arbresh, Arbëreshë) giungiamo a quella che è la più grande minoranza etnicolinguistica della Calabria, presente in tutto il Mezzogiorno e in Sicilia, ma soprattutto nella nostra terra, nella quale ha anche sede uno dei due episcopati di rito orientale (l'altro è a Piana degli Albanesi).
Essi giungero in varie ondate a partire dal XV fino anche al XVIII secolo, chiamati dai Durazzeschi che per un periodo regnarono a Napoli, e spinti dall'incalzare degli invasori turchi, e conservarono la loro religione, le loro tradizioni e (per lo più, sebbene al giorno d'oggi siano diminuiti rispetto al passato ed alcuni paesi abbiano perso coscienza della loro origine, per fortuna si assiste ora ad una riscoperta del patrimonio tradizionale) la loro lingua.
Si installarono in tutte le province, esclusa quella attuale di Vibo Valentia, e a Reggio solo a Casalnuovo, frazione di Africo, dove però oggi sono scomparsi.
Anche nel caso degli Albanesi (come per Arabi e Slavi) si ha un ritorno, ovviamente diverso da quello del passato.

Nel XIII secolo giunsero dal Piemonte, dalle valli al confine con la Francia, gli Occitanici di religione valdese, che qui trovarono asilo sicuro nella possibilità di coltivare la terra ed esercitare il piccolo artigianato, nei paesi del Medio Tirreno cosentino; con la Controriforma e l'Inquisizione la loro tranquillità finì, e a migliaia furono vergognosamente massacrati.
I pochi che riuscirono a sopravvivere, forzati alla conversione, mantengono ancora oggi le loro usanze e la loro lingua solo a Guardia Piemontese (già Guardia Lombarda).
Di nuovo oggi sono presenti in Calabria alcuni piccoli gruppi valdesi, ma non si tratta di Occitanici, bensì di calabresi che (vendetta della storia!) si sono convertiti.

Dal XVI secolo invece sono presenti i Rom (zingari), che spesso si sono integrati al resto della popolazione, tra la quale esercitavano il mestiere di calderai, ramai, e cavallari.
Cambiate le condizioni sociali, purtroppo, sono cambiate anche le loro abitudini di vita, con le problematiche che tutti noi sappiamo, e con i mille pregiudizi che li circondano.

Un cenno va fatto alla presenza dei Cinesi, che giungono qui come in ogni parte d'Italia, anche se (ancora?) in piccolo numero, dediti al piccolo commercio, come al commercio ambulante sono per lo più dediti alcuni africani.

Infine, dal punto di vista religioso, oltre ai cristiani cattolici (di rito latino e bizantino), valdesi e ortodossi, e alle fedi degli altri immigrati, bisogna annotare la crescita di altri gruppi cristiani, in particolare Pentecostali e Testimoni di Geova.